Cinema: 45 anni fa ‘Amarcord’ di Federico Fellini vinceva l’Oscar

L’8 aprile del 1975, 45 anni fa agli Oscar, Franco Cristaldi saliva le scale del Dorothy Chandler Pavilion di Los Angeles per ritirare l’Oscar per ‘Amarcord’, capolavoro di Federico Fellini prodotto dallo stesso presidente della F.C Produzioni. Sul palco Cristaldi disse a Hollywood li’ riunita: “Io e Fellini siamo molto felici e spero che con Amarcord sarete felici anche voi”. Il film, oltre ad iniziare la fortunata collaborazione tra il regista riminese e Tonino Guerra che firmo’ la sceneggiatura, e’ diventato una locuzione, un modo di dire, applicabile soprattutto al cinema stesso. Se per il termine – diventato neologismo – si parla di “rievocazione in chiave nostalgica”, per cinema ‘Amarcord’ si intende un film che rovista nei ricordi del suo autore.

La pellicola arrivo’ nelle sale italiane il 13 dicembre del 1973, sbarco’ a Cannes l’anno dopo – presentato fuori concorso – per poi terminare la sua corsa tra i festival di tutto il mondo con gli Oscar del ’75. Il capolavoro di Fellini e’ stato scelto come uno dei 100 film italiani da salvare. I ricordi di Fellini e della sua vita nell’antico borgo di Rimini si intrecciano con una fauna variopinta di personaggi. Dalla ‘Gradisca’, sogno erotico di tutti i ragazzini del quartiere, fino alla procace tabaccaia che rappresenta la scoperta del sesso nella sua forma meno poetica. Ci sono i fascisti e gli antifascisti, la nobilta’, il popolo e la borghesia, ci sono gli episodi che segnano un periodo storico come quello che viveva l’Italia del ventennio. Ci sono le manifestazioni per glorificare Mussolini che sembrano nei ricordi di Fellini bambino essere messi in secondo piano rispetto alla piu’ onirica Mille Miglia che passa per Rimini o al transatlantico Rex salutato in mare dagli abitanti del borgo come un successo dell’Italia intera. I personaggi sono tutti umanissimi: c’e’ lo zio matto che si arrampica sull’albero perche’ “vuole una donna”, gli aneddoti strampalati raccontati da Bisein, lo “scemo del villaggio”, l’anziano che si concentra sulle “manine” dei pioppi che vagano e che “il freddo non lo sentono loro” o ancora il nonno che si perde nella nebbia. Si tratta di un’opera sempre attuale, perche’ cristallizzata nel tempo e perche’ affonda le sue radici nella cultura italiana che fa in modo che il borgo riminese in cui e’ ambientato tutto il film, diventi paradigma di ogni paese dello Stivale.

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