In carcere per 2 anni e 10 mesi accusata di aver provato ad uccidere le sue figlie di 3 mesi e 3 anni, imbottendole di medicinali. Ma e’ stata assolta dai tribunali di Roma e Napoli perchè le figlie avevano una malformazione genetica che non faceva espellere principi attivi dei medicinali

In carcere per 2 anni e 10 mesi accusata di aver provato ad uccidere le sue figlie di 3 mesi e 3 anni, imbottendole di medicinali. Ma e’ stata assolta dai tribunali di Roma e Napoli perche’ le sue bimbe avevano una malformazione genetica che non faceva espellere al corpo delle figlie i principi attivi dei medicinali. Come racconta il Corriere della Sera, Marina, 32 anni, ha rischiato anche un linciaggio nel carcere femminile di Pozzuoli (Napoli) perche’ le detenute non tolleravano che lei potesse aver tentato di uccidere le due bambine. Per i pubblici ministeri delle procure di Roma e Napoli e per quattro periti, soffriva della sindrome di Polle, un disturbo mentale che spinge un genitore a infliggere un danno fisico ai figli per farli ritenere malati e attirare invece l’attenzione su di se’. Ora e’ libera e aspetta solo di poter riabbracciare le figlie che sono state affidate a una comunita’ protetta.

Pende infatti ancora la decisione della procura dei Minori di sospensione della patria potesta’. La prima delle figlie di Marina ricoverata e’ Vittoria, 3 mesi. Arriva al pronto soccorso dell’ospedale napoletano Santobono a novembre del 2015 con vomito, diarrea, cianosi, irrigidimento del corpo. Alcuni medici riconducono tutto a una forma di epilessia e viene imbottita di barbiturici. Ma Vittoria il 29 gennaio del 2016 finisce in coma proprio per i medicinali. I medici non hanno dubbi: la bimba viene avvelenata dalla mamma e la dinna viene segnalata al tribunale dei Minori. Ma la bimba guarisce e torna a casa. A novembre del 2016 l’altra sua figlia, Asia, 3 anni dal Santobono viene trasferita al Bambino Gesu’ di Roma dopo essere stata intubata e sedata per cinque giorni a causa di una violenta crisi respiratoria. Nel suo corpo i medici le trovano benzodiazepine e anche questa volta accusano la mamma. Ma l’avvocato Domenico Pennacchio ha dimostrato che quelle tracce di sedativi erano il principio attivo del medicinale usato in rianimazione a Napoli e che il corpo della bimba non era riuscito ad espellere per quella probabile mutazione metabolica e genetica.

 

 

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