Raffaele Cantone lascia la presidenza dell’Autorità anticorruzione. “Ciclo finito, mia decisione sofferta, torno in magistratura”

Raffaele Cantone lascia l’Anac. Dopo oltre cinque anni alla presidenza dell’Anticorruzione, lo annuncia lui stesso in una lettera sul sito dell’Autorità. «Sento che un ciclo – si legge nel testo – si è definitivamente concluso, anche per il manifestarsi di un diverso approccio culturale nei confronti dell’Anac e del suo ruolo». Cantone ha fatto richiesta per rientrare in magistratura, «che ho sempre considerato la mia casa». «Tornerò all’Ufficio del massimario presso la Cassazione» ha annunciato Cantone. Nel testo ricorda come nei mesi scorsi avesse già presentato al Csm la candidatura per un incarico direttivo presso tre uffici giudiziari. Ma «nelle ultime settimane le dolorose vicende da cui il Csm è stato investito hanno tuttavia comportato una dilazione dei tempi tale da rendere non più procrastinabile una decisione».

Per questo, annuncia, «nella mattina di oggi, con alcuni mesi di anticipo, ho dunque avanzato formale richiesta di rientrare nei ruoli organici della magistratura: un atto che implica la conclusione del mio mandato di Presidente dell’Anac, che diverrà effettiva non appena l’istanza sarà ratificata dal plenum del Csm. Tornerò pertanto all’Ufficio del massimario presso la Corte di Cassazione» dove Cantone prestava servizio prima di essere designato alla guida dell’Anac. 

Dopo aver comunicato nei giorni scorsi le mie intenzioni al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio dei ministri e a vari esponenti del Governo, reputo opportuno annunciare pubblicamente e in assoluta trasparenza la determinazione che ho assunto. La mia e’ una decisione meditata e sofferta. Sono grato dell’eccezionale occasione che mi e’ stata concessa ma credo sia giusto rientrare in ruolo in un momento cosi’ difficile per la vita della magistratura”. Lo scrive Raffaele Cantone che oggi, in una lettera pubblicata oggi sul sito dell’Autorita’. “Assistere a quanto sta accadendo senza poter partecipare concretamente al dibattito interno – aggiunge -mi appare una insopportabile limitazione, simile a quella di un giocatore costretto ad assistere dagli spalti a un incontro decisivo: la mia indole mi impedisce di restare uno spettatore passivo, ancorche’ partecipe”.

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