TeleCapri ricorda l’attore William Holden nato il 17 aprile del 1918. Fu protagonista, tra i tanti film, di “L’amore è una cosa meravigliosa” e “Nata ieri”

Nato ad O’Fallon, nell’Illinois, fu registrato all’anagrafe come William Franklin Beedle Junior; di famiglia benestante (il padre era un chimico industriale e la madre un’insegnante), all’età di tre anni William si trasferì con i genitori a Pasadena (California). Durante il periodo di studio allo Junior College di Pasadena, partecipò a rappresentazioni per le radio locali e recitò con la compagnia teatrale Pasadena Playhouse, facendosi notare da un talent scout della Paramount Pictures, che nel 1937 lo portò a Hollywood. L’esordio nel cinema avvenne l’anno successivo nel film Prison Farm (1938). Il primo ruolo da protagonista arrivò nel 1939 con il film Passione – Il ragazzo d’oro, accanto a Barbara Stanwyck e Adolphe Menjou, in cui interpretò il ruolo di un pugile diviso fra la boxe e il desiderio di fare il violinista. Dopo che la Columbia Pictures ebbe rilevato metà del contratto, Holden alternò interpretazioni per le due compagnie in film di scarso valore prima di arruolarsi nei paracadutisti durante la Seconda guerra mondiale.

Tornato dalla guerra, dopo alcune commedie di modesto successo, la sua carriera ebbe una svolta decisiva quando Billy Wilder lo chiamò ad interpretare il ruolo di Joe Gillis, lo scrittore-gigolò di belle speranze in Viale del tramonto(1950) accanto a Gloria Swanson. Questo ruolo di “rottura” con il passato determinò la definitiva consacrazione al successo di Holden, che apparve in seguito in una serie di film nei quali seppe unire al bell’aspetto la propensione ai ruoli di eroe cinico e distaccato: la sua strepitosa interpretazione del prigioniero di guerra Sefton in Stalag 17 – L’inferno dei vivi, diretto ancora da Wilder, gli fece vincere un Premio Oscar quale migliore attore protagonista. In seguito fu il tormentato vagabondo Hal Carter in Picnic (1955) e lo sfortunato prigioniero americano di Il ponte sul fiume Kwai (1957). Oltre a questi, interpretò con altrettanto successo una serie di ruoli più solari in commedie brillanti, come il giornalista in Nata ieri (1950) o il biondo playboy, fratello minore di Humphrey Bogart, nel celebre Sabrina (1954). Fu ottimo interprete romantico nel ruolo di un corrispondente di guerra in L’amore è una cosa meravigliosa (1955) accanto a Jennifer Jones, una delle pellicole sentimentali più celebri di tutti i tempi ed inoltre nel ruolo dell’architetto americano Robert Lomax ne Il mondo di Suzie Wong (1962), accanto alla esordiente Nancy Kwan. Holden inoltre partecipò a molti altri film di livello più basso, obbligato dagli Studios che mantennero il contratto iniziale per costringerlo a lavorare.

Holden per molti anni soffrì di alcolismo e depressione. Tale situazione peggiorò all’inizio degli anni sessanta, in coincidenza con la crisi del matrimonio e il rallentamento della carriera di attore: sul set dava l’impressione di un sonnambulo che interpretasse i suoi ruoli. Nel 1966 fu coinvolto in un grave incidente stradale in Versilia, presso Migliarino (Pisa) nel quale il guidatore dell’altra auto coinvolta, Valerio Novelli di Prato, rimase ucciso. Questa circostanza viene descritta con particolari dallo scrittore Luciano Vincenzoni nel documentario Il falso bugiardo di Claudio Costa, prodotto nel 2008. Vincenzoni e Holden, a bordo di due macchine di grossa cilindrata, partirono per recarsi in un locale in Toscana. Dopo aver atteso invano Holden al locale, Vincenzoni tornò a cercarlo e trovò la polizia che era accorsa sul luogo dell’incidente. Holden stava bene, ma fu accertato che era in stato di ebbrezza e venne condannato per omicidio colposo. Gli venne inflitta una pena (sospesa) di otto mesi di prigione. Holden corrispose una cospicua somma di denaro alla famiglia dell’uomo ucciso ma, non avendola con sé in Italia, gli venne prestata dal produttore cinematografico Robert Haggiag, amico sia di Vincenzoni che dell’attore. Holden si sentì profondamente colpevole per questo incidente e gli amici riferirono che la sua dipendenza dall’alcool peggiorò. Un altro aspetto poco noto della vita privata dell’attore è che per molti anni fu un agente sotto copertura per la CIA. Holden, segretamente, consegnava messaggi a leader stranieri durante i suoi frequenti viaggi.

Nell’ultima parte della sua carriera Holden fornì comunque alcune ottime prove, come in Il mucchio selvaggio (1969), Breezy (1973), L’inferno di cristallo (1974) e Quinto potere (1976), in cui reinterpretò gli antichi personaggi che aveva perfezionato negli anni cinquanta, adesso più anziani, sofferti e consci della propria mortalità. Nel ruolo di un produttore hollywoodiano in disarmo concluse con Fedora (1978) una quasi trentennale collaborazione con Billy Wilder, che lo diresse in quattro film. Nel 1980 apparve in Il bambino e il grande cacciatore con l’attore bambino Rick Schroder, in cui interpretò uno stanco misantropo ammalato di cancro che si ritira nella parte più desolata dell’Australia (l’outback) per finire i suoi giorni. Schroder fu così colpito dall’incontro con Holden che in seguito dette il suo nome ad uno dei suoi figli.

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