Svolta contro il clientelismo, codice unico degli appalti per la prima volta in Vaticano. Il Papa promulga un motu proprio che introduce norme stringenti

Traspare, dal testo del codice unico degli appalti che entra in vigore per la prima volta in Vaticano, la determinazione di Papa Francesco a contrastare l’inveterata prassi del “clientelismo”. Se nel corso dei decenni non sono mancati, attorno alle finanze dello Stato Pontificio, scandali maggiori, dall’affaire Banco ambrosiano alle indagini su riciclaggio di soldi della criminalità organizzata, dallo scontro sullo Ior dell’epoca Ratzinger-Bertone con Banca d’Italia e Procura di Roma alla più recente, opaca compravendita di un immobile a Londra da parte della Segreteria di Stato, vi è infatti una prassi, minore ma non meno pervasiva, che ha causato non pochi danni, alla credibilità nonché alle casse dello Stato pontificio. E’ la gestione informale della sua economia, dalla gestione degli immobili alle assunzioni agli appalti esterni. I rapporti personali, clientelari o famigliari, che si intrecciano con le decisioni di spesa. I canali preferenziali, i piccoli privilegi aiutati da qualche conoscenza altolocata, o semplicemente ben introdotta. Un modus vivendi al quale, con il codice degli appalti, il Papa pone termine.

La Segreteria per l`Economia, sentito l`Ufficio del Revisore Generale, anche nel rispetto della normativa internazionale applicabile alla Santa Sede o di cui essa è parte, può adottare specifiche misure di indirizzo per combattere le frodi, il clientelismo e la corruzione e per prevenire, individuare e risolvere in modo efficace i conflitti di interesse insorti nello svolgimento delle procedure in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la trasparenza e la parità di trattamento”, si legge nel motu proprio firmato da Jorge Mario Bergoglio il 19 maggio, pubblicato oggi sull’Osservatore Romano e in vigore dal primo luglio prossimo. Si ha conflitto d`interesse, precisa il testo in un altro passaggio, “quando il personale di un Ente o un prestatore di servizi che, anche per conto dell`Ente, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione o può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere identificato come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione”. Tra i motivi di incompatibilità all’iscrizione nell’Elenco dei dipendenti e degli incaricati professionali temporanei abilitati a svolgere le funzioni di progettista e perito o membro di commissione giudicatrice, per fare ancora un esempio, c’è il fatto di essere “parente fino al quarto grado o affine fino al secondo grado di un soggetto riferibile ad un operatore economico che abbia presentato offerta”.

In tempi in cui in Italia va di moda l’elogio della “sburocratizzazione”, le procedure adottate dal Vaticano per prevenire e contrastare il clientelismo sono dettagliate, minuziose, puntuali. Ex procuratore capo di Roma, grande esperto di mafie, e attuale presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, in una nota diramata dalla sala stampa vaticana, nota che, “come ha detto il Santo Padre in occasione dell`inaugurazione dell’Anno giudiziario, lo scorso 15 febbraio, la Santa sede ‘si adopera per condividere gli sforzi della comunità internazionale per la costruzione di una convivenza giusta e onesta, e soprattutto attenta alle condizioni dei più disagiati ed esclusi’, anche creando presidi interni di legalità, sorveglianza e controllo. Del resto, è inutile sottolineare – afferma Pignatone – l`impegno di Francesco contro la corruzione, che costituisce un tema di fondo di moltissimi suoi interventi”. I fatti di cronaca che hanno riguardato il Vaticano su questo versante non sono mancati negli anni, e sono stati indagati dalla stessa giurisdizione pontificia: basti pensare alla ristrutturazione dell’appartamento del cardinale Tarcisio Bertone, oggetto di un processo vaticano, o alle denunce che l’ex segretario del Governatorato vaticano, monsignor Carlo Maria Viganò, ora noto alle cronache per i periodici attacchi a Papa Francesco su tutt’altre questioni, fece degli sprechi effettuati, ad esempio, per montare il presepe in piazza San Pietro. E’ a questo tipo di attività che il codice degli appalti guarda: lavori di manutenzione, servizi che il piccolo Stato pontificio non ha senso che svolga in autonomia, o del quale non ha competenze specifiche, lavori di ristrutturazione o restauro che possono essere appaltati o subappaltati… Su tutti ora vigeranno procedure stringenti, ispirati, come scrive il Papa nel Motu proprio, al principio della “diligenza del buon padre di famiglia”.

Il nuovo codice degli appalti ha anche un altro obiettivo, quello di “realizzare notevoli economie di spesa come risultato di una più ampia e corretta concorrenza tra gli operatori economici interessati che potranno iscriversi in un apposito Albo”, come spiega Pignatone. “E’ appena il caso di ricordare che il tema della riduzione delle spese è estremamente attuale e importante in questo momento, purtroppo destinato a durare, di gravi difficoltà economiche per il mondo intero ma anche, in modo specifico, per la Santa Sede e la Città del Vaticano, come ha recentemente sottolineato il Prefetto della Segreteria per l’Economia, padre Juan Antonio Guerrero Alves”. Il riferimento è alla pandemia da coronavirus, che, anche in Vaticano, ha fatto schizzare il deficit. Lo Stato Pontificio non ha tasse, né pu òusare la leva della politica monetaria, ha pochi introiti autonomi – i Musei vaticani, le rendite immobiliari, gli investimenti finanziari – e deve fare affidamento principalmente sulle offerte, dei singoli fedeli come dei grandi benefattori o delle conferenze episcopali più floride. Una spending review è quanto di più opportuno per far tornare i conti.

Tanto più nel contesto della pandemia. Una sciagura imprevista, che può però offrire il pretesto di una accelerazione della riforma avviata da Papa Francesco per razionalizzare la struttura economica ed amministrativa. Dopo il codice degli appalti, gli uomini del Papa hanno messo in cantiere la centralizzazione degli investimenti finanziari, attualmente sparpagliati tra i diversi dicasteri della Santa Sede, e una gestione più sistematica del personale, che permetta, senza licenziamenti, di evitare doppioni di funzioni, introduca una formazione permanente, una maggiore mobilità interna e qualche meccanismo premiale. Senza scuotere l’antico mondo vaticano, ma ponendo termine alla prassi di uno Stato pontificio fin troppo poroso agli appetiti esterni.

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