Camorra, due arresti dei carabinieri di Giugliano (Napoli) per estorsione ad un imprenditori, in manette Luigi Puca figlio del capo clan Pasquale attualmente in carcere. La vittima costretta a pagare assegni e cambiali per 50mila euro

Nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, i Carabinieri della Compagnia di Giugliano in Campania hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Tribunale di Napoli, nei confronti di Giuseppe Gallucci, 53enne, considerato contiguo al clan Puca, operante nei comuni di Sant’Antimo, Casandrino e Grumo Nevano. Gallucci è gravemente indiziato del reato di tentata estorsione aggravata dal metodo e dalle finalità mafiose ai danni di un imprenditore edile dell’agro aversano, vincitore di un appalto pubblico per i lavori di ristrutturazione delle palazzine popolari di via Garibaldi a Grumo Nevano.  L’uomo, nel febbraio scorso, si era presentato sul cantiere chiedendo da dove arrivasse la società ed avuta risposta che si trattava di una impresa di “fuori” aveva intimato, ripetutamente, al titolare di recarsi “dagli amici di Sant’Antimo”al fine di regolarizzare la sua posizione su quel territorio. L’imprenditore si era però immediatamente rivolto ai militari, denunciando l’accaduto, facendo così avviare le indagini che hanno delineato il quadro probatorio che è stato avvalorato dal Gip.

In manette anche Luigi Puca, figlio del più noto Pasquale detto “o’ Minorenne”, attualmente detenuto, e capo dello storico ed omonimo clan operante a Sant’Antimo e comuni limitrofi.  Luigi Puca è gravemente indiziato, unitamente a Giuseppe D’Aponte, imprenditore edile, del reato di estorsione aggravata dal metodo e dalle finalità mafiose ai danni di un altro costruttore della zona. Secondo quanto raccolto dai Carabinieri durante le indagini, anche grazie alla denuncia della vittima, i due uomini, con reiterate richieste e minacce di morte, avevano costretto la vittima, trovatasi in gravi difficoltà economica, a consegnare loro assegni e cambiali per un importo complessivo di oltre 50 mila euro a fronte di un debito iniziale di 11mila euro. L’imprenditore, a causa di alcune spese improvvise a cui aveva dovuto fare fronte, aveva preso a prestito tale somma. D’Aponte (che era già stato tratto in arresto in flagranza di reato a marzo), però, avrebbe preteso la restituzione di una somma molto superiore, secondo la ricostruzione degli inquirenti. 

 

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