Coronavirus, non esistono evidenze sul ruolo epidemiologico degli animali da compagnia, anzi vanno protetti dal contagio

Gli animali da compagnia possono essere potenzialmente esposti al virus SARS-CoV-2 in ambito domestico e contrarre l’infezione attraverso il contatto con persone infette. Ciononostante, allo stato attuale, non esistono evidenze che gli animali da compagnia svolgano un ruolo epidemiologico nella diffusione all’uomo di SARS-CoV-2. Anzi, il rapporto con gli animali è importante per il nostro benessere in questo periodo di forzato isolamento. E’ quanto si legge sull’ultimo rapporto tecnico dell’Istituto superiore di sanità su Covid-19 e animali da compagnia. L’Iss precisa quindi che, per proteggere i nostri animali di compagnia, è necessario adottare precauzioni per un accudimento sicuro, soprattutto se si è contagiati. A fronte di oltre 2,3 milioni di casi di COVID-19 riportati nell’uomo in tutto il mondo sono stati segnalati solo quattro animali (due cani e due gatti) con diagnosi certa per SARS-CoV-2 in condizioni naturali. “Ciononostante, occorre agire con un principio di precauzione ed evitare che gli animali possano contrarre l’infezione ed eliminare il virus, analogamente a quanto accade nell’uomo e come suggerito dalle infezioni sperimentali”.

L’ultimo rapporto tecnico dell’ISS, realizzato dal Gruppo Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare, fa il punto sugli studi più recenti relativi alla suscettibilità di alcune specie animali e offre indicazioni su come migliorare le conoscenze per la gestione degli animali da compagnia nell’attuale contesto epidemico. Nel rapporto si spiega che “è stato infatti osservato che, occasionalmente, il virus può trasmettersi dall’uomo agli animali. Quello che in gergo viene chiamato ‘salto di specie’ è un fenomeno che caratterizza la naturale potenzialità evolutiva dei virus. Quando la trasmissione interspecifica coinvolge l’uomo o le specie animali a più diretto contatto con lui, si aprono scenari epidemiologici non facilmente prevedibili. In questi casi, occorre adottare misure e comportamenti volti a minimizzare il rischio di contagio, in un’ottica di prevenzione”.

Secondo quanto appurato dalle evidenze scientifiche, gatti, furetti e, in minor misura, cani possono contrarre l’infezione. “Nei pochissimi casi di infezione naturale riportati ufficialmente sinora, si considera che gli animali abbiano contratto l’infezione dall’uomo. In taluni casi, l’infezione sembra aver dato luogo a malattia ed è verosimile che gli animali infetti possano eliminare virus vivo attraverso secreti ed escreti, in analogia a quanto avviene nell’uomo, e in linea con quanto suggerito dagli studi di infezione sperimentale. Ciononostante, allo stato attuale, non esistono evidenze che gli animali da compagnia svolgano un ruolo epidemiologico nella diffusione all’uomo di SARS-CoV-2”. La diffusione epidemica del virus avviene per contatto interumano.

Ad oggi non risultano riscontri di positività per SARS-COV-2 negli uccelli e gli studi suggeriscono che le specie aviarie non sono suscettibili al virus. Rettili, anfibi e pesci non sono ospiti dei coronavirus. Nel 2019 in Italia il numero di animali da compagnia era pari a 32 milioni (1 ogni 53,1 abitanti, secondo Paese in Unione Europea) con 12,9 milioni di uccelli, 7,5 milioni di gatti, 7 milioni di cani, 1,8 milioni di piccoli mammiferi (criceti, conigli, furetti, ecc.), 1,6 milioni di pesci, 1,3 milioni di rettili (27). Gli animali da compagnia, sempre secondo il CENSIS, erano presenti nel 52% delle case soprattutto in quelle di persone separate, divorziate (68%) e dei single (54%).

Secondo l’Iss, nell’attuale scenario di diffusione dell’epidemia di COVID-19 in Italia, “gli animali da compagnia possono essere potenzialmente esposti al virus SARS-CoV-2 in ambito domestico e contrarre l’infezione attraverso il contatto con persone infette, analogamente a quanto si verifica per le persone conviventi. Il rischio reale di esposizione degli animali dipende da numerosi fattori quali la prossimità, la durata e la frequenza dei contatti tra gli animali e le persone infette, l’adozione di misure e comportamenti atti a ridurre tali contatti e l’impiego di misure di igiene e protezione nell’accudimento degli animali.

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