Bimbo ucciso dal patrigno a Cardito (Napoli), al processo testimonianze sempre più drammatiche. La sorella vittima di percosse: “Costretta con la bocca aperta sotto il rubinetto rischiando di affogare”

 “Una volta papa’ Toni voleva farmi star zitta e mi ha tenuto con la bocca aperta sotto al rubinetto con l’acqua aperta”. Ha rischiato di morire affogata la sorellina di Giuseppe, il bimbo di 7 anni ucciso a Cardito (Napoli) dalle percosse del patrigno Toni Essobti Badre il 27 gennaio scorso. A dirlo in aula, nel corso del processo in Corte d’Assise a Napoli, e’ la psichiatra infantile Carmelinda Falco, che dopo l’omicidio, ando’ a visitare la bambina di 12 anni che era ricoverata per le percosse subite. Rispondendo alle domande della neuropsichiatra in un ambiente protetto dell’ospedale, la bimba racconta anche che una volta anche la madre, oggi sotto processo per omessa vigilanza, reagi’ urlando: “Basta! Li stai uccidendo”.

La dottoressa Falco, rispondendo alle domande del pm Izzo in aula, ha descritto lo stato psicologico della bimba: “Per difendersi aveva creato una strategia – ha spiegato la psichiatra – fingeva di svenire. Una strategia che aveva suggerito anche a Giuseppe e a noi, che la stavamo aiutando, in quanto ci riteneva in pericolo”. Intanto, due maestre e la dirigente dell’istituto scolastico frequentato da Giuseppe sono state citate in giudizio. Il pm Paola Izzo ha ipotizzato per loro il reato di omessa denuncia. Non è stata ancora fissata la data dell’udienza, che si terrà davanti al giudice monocratico del Tribunale di Napoli Nord. La neuropsichiatra infantile Carmelinda Falco ha infatti riportato, tra le testimonianze della sorellina di Giuseppe, anche quella in cui la piccola ha sostenuto di aver avvisato le maestre delle violenze subite in casa per mano del patrigno.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.