il 24 ottobre del 79 d.c. la drammatica e storica eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei, Ercolano, Stabia e Oplontis

L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. è il principale evento eruttivo del Vesuvio in epoca storica. L’eruzione, che ha profondamente modificato la morfologia del vulcano, ha provocato la distruzione delle città di ErcolanoPompeiStabia e Oplontis, le cui rovine, rimaste sepolte sotto strati di pomici, sono state riportate alla luce a partire dal XVIII secolo. La data dell’eruzione del Vesuvio del 79 è attestata da una lettera di Plinio il Giovane a Tacito. Nella variante universalmente ritenuta più attendibile del manoscritto, si legge nonum kal septembres cioè nove giorni prima delle Calende di settembre, data che corrisponde al 24 agosto. Questa data era stata accettata come sicura fino ad oggi, ma alcuni dati archeologici via via emersi mal si accordano con una data estiva. Ad esempio, il ritrovamento di frutta secca carbonizzata, di bracieri, usati all’epoca per il riscaldamento, di mosto in fase di invecchiamento trovato ancora sigillato nei contenitori (dolia) e, soprattutto, di una moneta ritrovata sul sito archeologico, che riferisce della quindicesima acclamazione di Tito ad imperatore, avvenuta dopo l’8 settembre del 79, lasciano supporre che l’eruzione sia avvenuta in autunno, probabilmente il 24 ottobre di quell’anno.

Qui a fianco la mappa raffigurante l’area interessata dall’eruzione

I primi eventi sismici ebbero già inizio nel 62, con il crollo di diverse case che furono poi ricostruite negli anni successivi. Solo alcuni anni dopo, nel 79, il Vesuvio iniziò il suo ciclo eruttivo che porterà poi al seppellimento di alcune zone di StabiaPompeiErcolano e molte città a sud-est dal Vesuvio. Intorno all’una del pomeriggio con un boato terribile il Vesuvio eruttò. Le sostanze eruttate per prime dal Vesuvio furono fondamentalmente pomici, quindi rocce vulcaniche originate da un magma pieno di gas e raffreddato. Mescolate alle pomici si trovano parti di rocce di altra natura che furono trasportate dal magma. La maggior parte dei cadaveri a Pompei sono rimasti intrappolati al di sopra delle pomici, avvolti nelle ceneri. I residui piroclastici della eruzione sono stati rintracciati in un’area ampia centinaia di chilometri quadrati. Secondo una stima di Plinio il Giovane, testimone del fenomeno, l’altezza della nube indicata secondo le moderne unità di misura può aver raggiunto i 26 chilometri.

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