In aumento il numero dei ricercatori in Italia, l’eta’ media dei docenti e’ over 50

 Il numero dei ricercatori in Italia e’ gradualmente aumentato nell’ultimo decennio, pur rimanendo al di sotto di quello degli altri paesi europei. Inoltre, l’eta’ dei nostri ricercatori e’ ancora alta. Basta pensare che nelle universita’ italiane la meta’ dei docenti ha un’eta’ superiore ai 50 anni. E’ quanto emerge dalla “Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia 2019”, redatta e presentata questa mattina a Roma dal Consiglio nazionale delle ricerche. Dalla relazione si evince che dal 2005 al 2016 i ricercatori sono aumentati di circa 60mila unita’. Tra i settori istituzionali, la crescita piu’ rilevante si e’ registrata nelle imprese private: i dati piu’ recenti mostrano una tendenza in atto che avvicina questo settore per numero di ricercatori all’universita’. Quest’ultima rimane ancora l’area maggiore, con 78mila addetti contro i 72mila delle imprese, ma nell’universita’ il numero complessivo e’ pressoche’ stazionario nel tempo. Anche gli Epr hanno registrato una crescita sensibile nel corso degli ultimi 10 anni, giungendo a circa 29mila ricercatori, oltre il 15 per cento del totale. Molto rilevante la quota di assegnisti: sono piu’ del 20 per cento dei ricercatori nelle universita’, e addirittura il 25 per cento negli enti. La relazione rileva un progressivo aumento delle ricercatrici e, secondo le proiezioni, entro il 2025 il divario di rappresentanza di genere potrebbe pressoche’ scomparire nelle istituzioni pubbliche e ridursi drasticamente nelle universita’, mentre nelle imprese sembra rimanere sostanzialmente immutato. Tuttavia, queste proiezioni non considerano la progressione di carriera, che tuttora penalizza le donne.

Invece, confrontando l’eta’ dei ricercatori, la relazione evidenzia come nell’universita’ italiana gli over 50 superano la meta’ dei docenti, mentre nel Regno Unito e in Francia sono, rispettivamente, il 40 per cento e il 37 per cento. L’eta’ media dei docenti italiani e’ di quasi 49 anni e quella dei ricercatori negli Epr e’ di 46. I ricercatori nelle imprese private hanno un’eta’ inferiore, pari a 43 anni. Il fenomeno e’ correlato al generale invecchiamento della popolazione italiana, ma testimonia anche la difficolta’ di effettuare nel settore pubblico un reclutamento ordinario basato su una programmazione di lungo periodo. Secondo le proiezioni, in assenza di politiche strategiche di lungo periodo, l’eta’ media dei ricercatori continuera’ ad aumentare in tutti i comparti. “Le donne e gli uomini che lavorano nella ricerca devono anche essere protagonisti di una politica di reclutamento adeguata”, dice il presidente del Cnr, Massimo Inguscio. “Siamo riusciti a non disperdere le competenze sviluppatesi negli anni, stabilizzando in modo molto significativo il lavoro precario, a far ripartire un nuovo reclutamento con concorsi nazionali competitivi organizzati per aree strategiche, a realizzare promozioni meritocratiche. Centrale – aggiunge – sara’ d’ora in poi una politica di investimento che consenta un reclutamento regolare e programmato ed eviti il prodursi di nuovo precariato”. Per quanto riguarda la produzione scientifica, si conferma il quadro positivo della precedente relazione: la comunita’ dei ricercatori italiani produce una quantita’ di pubblicazioni significativa e in crescita: sia come quota mondiale (quasi il 5 per cento nel 2018), sia per qualita’, attestata dalle citazioni medie ricevute per pubblicazione, che nel biennio 2017-18 sfiorano l’1,4. Una produzione scientifica analoga a quella della Francia, la quale pero’ conta su un numero di ricercatori piu’ elevato rispetto al nostro paese. 

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