I Pfas (sostanze perfluoroalchiliche) interferiscono con la vitamina D e rischiano di aumentare l’osteoporosi

Abbiamo dimostrato che i PFAS inducono un maggior rischio di osteoporosi attraverso l’interferenza dell’azione della vitamina D sui suoi recettori. Queste, in estrema sintesi, le conclusioni di uno studio condotto dall’Universita’ di Padova e pubblicato sulla rivista Endocrine. A questo proposito, domani, oltre 500 esperti si riuniranno a Padova in un convegno per discutere del frequente riscontro di ridotti livelli di vitamina D in Italia. L’80 per cento della popolazione italiana e’ carente di vitamina D e sono sempre piu’ evidenti e note le ricadute di questa deficienza non solo come causa della osteoporosi, ma come fattore che associa molte patologie come malattie degenerative, come l’Alzheimer, il Parkinson, le patologie polmonari e il diabete. La vitamina D per l’80 per cento si forma attraverso l’esposizione al Sole ed e’ contraddittorio che nei paesi mediterranei come l’Italia e la Spagna si sia verificata una condizione generalizzata di ipovitaminosi D. Eppure, nonostante l’incredibile incremento nell’utilizzo di farmaci per la supplementazione di vitamina D, passati dal 63esimo posto nel 2012 al sesto posto nel 2018 nella classifica dei farmaci piu’ acquistati in Italia, le patologie correlate a bassi livelli di vitamina D continuano ad aumentare.

Durante il convegno, il professor Carlo Foresta, ordinario di endocrinologia presso l’Universita’ degli Studi di Padova, esporra’ per la prima volta studi originali riguardanti la relazione tra inquinanti ambientali e vitamina D. Le ricerche condotte dal gruppo di ricerca coordinato da Foresta e guidato dal Andrea Di Nisio hanno dimostrato che i PFAS interferiscono con il recettore della vitamina D, inducendo una ridotta risposta delle cellule scheletriche alla vitamina D stessa, che si manifesta con una minor mineralizzazione ossea. Questi risultati, oltre a chiarire i meccanismi attraverso i quali i PFAS interferiscono con l’attivita’ di questo importante ormone, suggeriscono un possibile ruolo per questi inquinanti nella patogenesi dell’osteoporosi, la principale patologia correlata ai ridotti livelli di vitamina D. A questo scopo, i ricercatori hanno valutato la densita’ dell’osso in 117 giovani maschi di eta’ compresa tra 18 e 21 anni esposti all’inquinamento da PFAS. “Confrontando i risultati con quelli ottenuti in un analogo gruppo di controllo di giovani non esposti a questo inquinamento – continua Foresta – e’ emerso che negli esposti la densita’ minerale ossea era significativamente inferiore ai controlli. Questi risultati suggeriscono un’interferenza dei PFAS sullo sviluppo scheletrico, cosi’ come altri interferenti endocrini non considerati in questo studio. Nel 24 per cento dei soggetti esposti si osservava infatti una maggior frequenza di osteopenia e osteoporosi, rispetto al solo 10% dei soggetti di controllo”.

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