Maxi frode nella commercializzazione di prodotti tecnologici ed informatici, 83 mln di euro sequestrati dalla Guardia di finanza di Napoli e Lucca, usavano clochard come prestanome. La base dell’organizzazione in Campania

La Guardia di Finanza di Napoli e Lucca, coordinata dalla Procura di Napoli Nord, sta eseguendo un sequestro da 83,5 milioni di euro nell’ambito di una indagine su una maxi frode nella commercializzazione di prodotti tecnologici ed informatici. L’evasione fiscale è stata messa a segno da un’organizzazione strutturata che aveva la sua base in Campania, individuata nell’ambito di indagini coordinate dalla Procura di Lucca. Scoperto un giro di fatture false per circa 500 milioni di euro per il quale sono indagate 49 persone. Secondo quanto emerso dall’indagine delle Fiamme Gialle, nella maxi frode scoperta sarebbero coinvolte sei società fittizie con sede solo formale in Slovenia, Croazia, Malta ed Estonia, e base reale in Campania, quasi tutte amministrate da prestanome. I reati fiscali sarebbero stati commessi attraverso il meccanismo consolidato della cosiddetta «frode carosello», ovvero una filiera di società esistenti solo su carta che simulano forniture di prodotti con l’unico scopo di emettere fatture per operazioni ovviamente mai verificatesi, ma che permettono di accumulare ingenti rimborsi Iva e di raggirare il fisco. Determinante per le indagini la collaborazione tra Guardia di Finanza e polizia slovena, che ha portato alla creazione di una squadra investigativa comune con il coordinamento di Eurojust. Gli inquirenti hanno anche eseguito due «European Investigation Order», ordine di indagine europeo, che consente la raccolta transnazionale di prove nel contesto dell’Unione europea.

Tra gli indagati nell’inchiesta anche un clochard che vive in una tenda nella zona di Gianturco, alla periferia di Napoli, responsabile di un giro milionario di fatture false. L’organizzazione criminale reclutava prestanome tra persone indigenti, spesso disperate, che per un centinaio di euro accettavano di firmare documenti assumendosi la titolarità fittizia degli affari simulati, allo scopo di evadere l’Iva. «L’esercito dei morti di fame», come lo chiamava uno dei componenti della banda, era un elemento chiave nelle attività illecite. Terreno di caccia, come risulta dalle indagini, era per esempio il treno Napoli-Roma dove numerosi venditori di fazzolettini sono stati nel tempo avvicinati e convinti a prestarsi al gioco illecito. Una volta – ha raccontato uno dei prestanome – all’uscita della stazione partenopea c’era già un’auto ad attenderli: nel giro di qualche ora dopo due tappe, prima dal notaio per la costituzione della società e poi in banca per intestarsi un conto corrente, venivano scaricati in strada con un compenso di 100 euro. Altre zone di reclutamento di teste di legno erano i bar e i luoghi frequentati da senzatetto e alcolisti. Nelle maglie dell’organizzazione erano finite anche persone di elevato livello sociale, cadute economicamente in disgrazia: rappresentavano i volti più presentabili, utilizzati per la titolarità di società fittizie destinate a durare qualche giorno in più rispetto alle altre. L’organizzazione si basava anche sull’apporto di ‘colletti bianchì esperti in finanza, per sostenere e modificare la rete a secondo delle esigenze, oltre che di ingenti capitali di provenienza illecita.

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