Save the Children, a un mese dalle devastazioni in Mozambico gravi le condizioni psicologiche dei bambini a Beira, parlano di morte e distruzione mentre il mondo distoglie lo sguardo

A un mese dalle devastazioni che il ciclone Idai si è lasciato dietro in Mozambico, colpendo circa 1 milione di minori, i bambini continuano a subire gravi traumi psicologici sulla propria pelle e in molti sono costretti a vivere in tende, scuole o insediamenti temporanei, con accesso limitato all’acqua pulita o ai servizi igienici. Questo l’allarme di Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da 100 lotta per salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro – che sottolinea la necessità di intervenire con urgenza per garantire ai minori il supporto di cui hanno bisogno, in un momento in cui si assiste a un calo di attenzione da parte del mondo per questa crisi umanitaria. Gli operatori dell’Organizzazione hanno raccolto le testimonianze dei bambini e delle loro famiglie in uno dei campi temporanei allestiti nella città portuale di Beira. Ai minori è stato chiesto di disegnare le loro case prima e dopo il passaggio del ciclone e di descrivere cosa hanno visto. Tutti raccontano di aver perso la casa e tutto ciò che possedevano e molti hanno visto persone uccise o gravemente ferite dagli effetti del ciclone. I genitori parlano di bambini che non si staccano neanche un attimo da loro o che sono diventati aggressivi dopo quello che hanno vissuto.    
Ines, 11 anni, è rimasta separata dai suoi due fratelli e da suo padre quando il ciclone Idai si è abbattuto su Buzi, una delle zone più colpite del Mozambico. Suo padre è stato ferito alla schiena e al collo durante il crollo della loro abitazione, e lei ha perso di vista i suoi fratelli da quando è stata salvata dai soccorritori. Da allora non li ha più visti.

Ines ha disegnato un quadro con persone annegate nelle acque in piena, circondate da alberi divelti. “Se le persone non si fossero tenute per mano le une con le altre, sarebbero cadute nell’acqua. Io stavo per scivolare in una laguna, poi mia zia mi ha afferrato. Mi sono aggrappata alla sua borsa. Siamo andate a casa di un altro vicino. Quando siamo arrivate lì, sono caduta. E poi ho iniziato a chiedere aiuto a gran voce”, è la sua testimonianza. Faizal, 10 anni, ha disegnato la sua casa prima del passaggio del ciclone: un luogo caldo e colorato dove viveva con la sua famiglia. Il disegno della casa dopo il ciclone si è invece trasformato in un quadro cupo e sbiadito con una persona decapitata da un pezzo di ferro. “I bambini non sono più gli stessi di prima. Sono aggressivi e continuano a chiedere quando tutto tornerà alla normalità. Per loro è come una guerra. Mia figlia ha iniziato a bagnare il letto molto più di quanto facesse prima”, ha raccontato Regina, 29 anni, madre di Belinha di 6. Il ciclone Idai è arrivato a Beira il 14 marzo, distruggendo case, scuole, magazzini e coltivazioni lungo il suo percorso, devastando la vita quotidiana dei bambini, vittime di gravi traumi psicologici come, come enuresi notturne, ansia e incubi.  “Siamo estremamente preoccupati per le condizioni a lungo termine dei bambini. Vedere tutto ciò che ami distrutto in un batter d’occhio è un’esperienza orribile che nessun bambino dovrebbe vivere e le cui conseguenze, purtroppo, saranno avvertite ancora per molto tempo dopo la ritirata delle acque – ha spiegato Maria Waade, operatrice di Save the Children in Mozambico, specializzata in supporto psicosociale e salute mentale – Molti bambini con i quali abbiamo parlato hanno visto i genitori o fratelli spazzati via dalle inondazioni o le proprie case crollare intorno a loro. Una bambina che abbiamo incontrato ha visto sua madre per l’ultima volta mentre lei la spingeva su un tetto nel tentativo di salvarla. Sua madre non ce l’ha fatta. Queste storie sono spaventosamente frequenti e dimostrano che oltre a ricostruire case e mezzi di sostentamento, dobbiamo anche concentrarci sull’assicurare che i minori e le loro famiglie ricevano il supporto piscologico di cui hanno bisogno per riprendersi da queste esperienze”.

“Le vite dei bambini vittime del ciclone sono state letteralmente fatte a pezzi e ora hanno bisogno che il mondo non si giri dall’altra parte e che continui a mobilitarsi per loro. I bambini e le loro famiglie hanno bisogno di cibo, che le case e le scuole vengano ricostruite e del necessario supporto a lungo termine perché possano superare quanto hanno dovuto attraversare”, ha affermato Machiel Pouw, responsabile dell’intervento di Save the Children in Mozambico. 
Per rispondere all’emergenza in Mozambico, Save the Children – che opera nel Paese dal 1986 e che era già presente nella maggior parte delle aree colpite prima del passaggio del ciclone – si è subito attivata grazie a un programma di protezione dei bambini e di supporto psicosociale, oltre a fornire ripari di emergenza, cibo e assistenza sanitaria. L’Organizzazione ha raggiunto finora circa 39.500 persone, e ha allestito 6 Spazi a misura di bambino – per offrire ai minori un luogo sicuro dove giocare, imparare, esprimersi e stare con i loro coetanei – e 6 spazi temporanei per favorire l’apprendimento dei bambini e dare loro la possibilità di continuare a studiare. Altri 50 Spazi a misura di bambino verranno inoltre aperti nelle prossime settimane dall’Organizzazione, che intanto sta anche supportando la creazione di un centro per il trattamento del colera. I team di emergenza dell’Organizzazione, infine, stanno lavorando a stretto contatto con il governo e le agenzie nazionali per garantire che vengano raggiunte rapidamente le persone bisognose e grazie alle proprie cliniche mobili sta raggiungendo attualmente i minori nelle aree più remote. 

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