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Associazione “Non berti la vita non fare lo sbronzo” esprime grossa preoccupazione: “La situazione è fuori controllo. Primo bicchiere bevuto a 12 anni”

In diretta a ‘Barba&Capelli’, trasmissione di Corrado Gabriele in onda su Radio CRC, è intervenuta Sara Perrotta, penalista che ha fondato l’associazione “Non berti la vita non fare lo sbronzo”: “Siamo un gruppo di genitori, abbiamo creato questo comitato perché ci siamo resi conto che tocca tutte le fasce sociali, comprendendo anche ragazzi molto piccoli. Stiamo mettendo in campo dei progetti e delle attività pratiche sul territorio, affinché questo non avvenga. Sono degli interventi mirati, come l’accertarsi che non si vendano alcolici ai minori. Siam 3mila genitori, ma la nostra finalità è quello di diffondere il messaggio a tutti i genitori che hanno questo intento. Abbiamo iniziato l’attività all’inizio di quest’anno, diventato ormai troppo ingestibile. Il primo bicchiere viene bevuto intorno ai 12-13 anni  è assurdo. Non vogliamo fare un battaglia contro gli esercenti, ma una collaborazione da parte loro, perché crediamo che anche loro sono dei genitori. Non è una battaglia contro qualcuno, ma è una battaglia per qualcuno. Questi ragazzi vanno tutelati anche da loro stessi. Fino a 21 anni non esistono gli enzimi per metabolizzare l’alcool, quindi prendere una sbronza a 13 anni è molto più pericoloso di prenderla a 30, proprio perché l’alcool va subito in circolo. Un controllo è necessario anche in famiglia, essendo questo il nucleo centrale dal quale partono i figli.  La mia è anche un battaglia personale, avendo quattro figli. Mentre sulla droga si fanno molte battaglie, infatti il ragazzi ha paura di dire al genitore di aver fumato uno spinello, ma invece dire di aver bevuto un cicchetto è quasi considerato nemorale. Siamo andati nella zona del centro storico, dove abbiamo accertato che i cicchetti vengono venduti ad un euro e senza alcun controllo di età. Uscendo in gruppo, non sanno autogestirsi tra loro.  Noi interveniamo anche in quel caso, quando uno di loro si sente male, ma gli altri non sanno cosa fare. Non vogliamo essere dei segugi che seguono i propri figli, ma vogliamo dare un supporto. Siccome le istituzioni non arrivano ovunque, cerchiamo di esserci noi. Iscrivetevi per aiutarci, più siamo e meglio è”.

Redazione

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