Il ricorso era stato presentato sulla spinta di un gruppo di genitori no-dad, a sostegno del quale hanno dedotto “plurimi profili di violazione di legge ed eccesso di potere, principalmente incentrati sulla sollevata obnubilazione dell’apicale principio di proporzionalità che, pur a fronte di un pericolo per la salute individuale e collettiva, indotto dall’emergenza Covid, avrebbe tuttavia imposto una attenta disamina preventiva degli effetti delle misure restrittive adottate, incidenti su minori e pregiudizievoli per la loro formazione complessiva in assenza di evidenti vantaggi e, sotto altro profilo, sul mancato apprestamento e/o individuazione di misure diverse meno impattanti su diritti fondamentali”.
Il Tar Campania, in accoglimento dei motivi sollevati, ribadisce nel dispositivo che “la disposta sospensione delle attività didattiche in presenza per la Regione Campania, in via generalizzata, nei periodi considerati nelle ordinanze restrittive, non ha tenuto conto della regolamentazione per ‘fasce’ di rischio contenuta nella normativa statale, che aveva già operato, ex ante, il bilanciamento tra diritto alla salute e diritto all’istruzione, nel senso di sacrificare il secondo al primo nei casi di maggior rischio (regioni ‘rosse’) e, in via progressivamente più restrittiva, all’aumentare dell’età dei discenti (curando, ove possibile, il mantenimento della didattica in presenza per gli alunni più piccoli), e che avrebbe imposto, per la deroga, una motivazione stringente e rafforzata che avesse dato conto degli elementi diversi o sopravvenuti rispetto a quelli considerati dal Governo nazionale”, come avrebbero potuto essere gli “indici di aggravato rischio”, tali da giustificare il regime più restrittivo, con adeguata ponderazione delle situazioni di compressione dei diritti dei minori.