In Italia la percentuale di spiaggia libera e’ inferiore al 50% delle coste sabbiose mentre quasi il 10% delle coste e’ interdetto alla balneazione per inquinamento

In Italia la percentuale di spiaggia libera e’ inferiore al 50% delle coste sabbiose mentre quasi il 10% delle coste e’ interdetto alla balneazione per inquinamento. E’ la “radiografia” dello stato di salute ambientale e turistico delle coste italiane realizzata da Legambiente con il rapporto “Spiagge 2019”. Nel nostro Paese sono ben 52.619 le concessioni demaniali marittime, di cui 11.104 per stabilimenti balneari, 1.231 per campeggi, circoli sportivi e complessi turistici, le restanti distribuite su vari utilizzi. Complessivamente “le sole concessioni relative agli stabilimenti ed ai campeggi superano il 42% di occupazione delle spiagge, ma se si aggiungono quelle relative ad altre attivita’ turistiche si supera il 50%. In Liguria ed Emilia-Romagna quasi il 70% delle spiagge e’ occupato da stabilimenti, in Campania il 67,7%, nelle Marche il 61,8%. In alcune aree il continuum di stabilimenti assume forme incredibili, come in Versilia, dove sono presenti 683 stabilimenti sui 1.291 dell’intera regione”. 

Legambiente disegna una “situazione di sovraffollamento che lascia pochi spazi a quanti cercano spiagge per tuffi liberi”. Per non parlare delle “situazioni di illegalita’ che riguardano le coste come il caso di Ostia, nel Comune di Roma, o quello di Pozzuoli dove muri e barriere impediscono addirittura di vedere e di accedere al mare, o di dune sbancate nel Salento per realizzare parcheggi e tirare su stabilimenti balneari”. Inoltre quasi il 10% delle coste e’ interdetto alla balneazione per ragioni di inquinamento. In Veneto oltre un quarto della costa e’ in queste condizioni, mentre in Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Sicilia, Lazio oltre il 10% della costa rientra in questa categoria. Se si considerano i tratti di costa non balneabili, un ulteriore 9,5% della costa risulta quindi non fruibile. Il risultato e’ che complessivamente nel nostro Paese la spiaggia libera e balneabile si riduce mediamente al 40%, con situazioni limite in Emilia-Romagna, Campania, Marche, Liguria dove diventa difficile da trovare quelle al contempo libere e balneabili. “Con questo dossier – spiega Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente – vogliamo contribuire a costruire un dibattito sullo stato di salute delle coste italiane. L’errore che non va commesso e’ quello di continuare ad affrontare gli argomenti separatamente, inseguendo la cronaca nel periodo estivo dei danni da cicloni o erosione, di spiagge libere e in concessione (con le polemiche sui canoni e sulla famigerata direttiva Bolkestein), dell’inquinamento dei tratti di costa. Il paradosso, da cui dobbiamo assolutamente uscire, e’ che nel nostro Paese nessuno si occupa di coste. Non possiamo piu’ permettercelo in una prospettiva climatica come quella che abbiamo descritto, e soprattutto non dobbiamo consentirlo, perche’ gli 8mila chilometri di aree costiere italiane sono gia’ oggi una straordinaria risorsa in chiave turistica che potrebbe rafforzarsi e allargarsi”.

“Sul fronte economico – sottolinea il report – permane la forte sperequazione nella definizione dei canoni concessori, con situazioni paradossali che fanno registrare il pagamento di canoni demaniali bassissimi per concessioni spesso molto remunerative (spesso meno di 2 euro a mq all’anno)”. Nel complesso nel 2018 lo Stato ha incassato poco piu’ di 103 milioni di euro dalle concessioni a fronte di un giro di affari stimato da Nomisma in almeno 15 miliardi di euro annui. “Quando si parla di spiagge e concessioni non si dovrebbe parlare solo di Bolkestein come si fa in Italia – ricorda Sebastiano Venneri, responsabile mare di Legambiente – Si dovrebbe invece cominciare a ragionare su come valorizzare queste straordinarie potenzialita’ e come affrontare i problemi trovando soluzioni innovative, come fanno gia’ molti Paesi europei dove si e’ scelto di premiare le imprese locali che scommettono sulla qualita’ e al contempo garantire che una parte maggioritaria delle spiagge sia garantita per la libera fruizione. In Francia, ad esempio, la durata delle concessioni per i lidi non supera i 12 anni e l’80% del litorale deve rimanere libero”.

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