Scoperte cinque nuove varianti genetiche rare dell’Alzheimer

Sono cinque le nuove varianti genetiche associate allo sviluppo della malattia di Alzheimer scoperte da uno studio internazionale di cui fa parte anche l’Universita’ degli Studi di Milano. Grazie a questo risultato, e’ stato possibile identificare nuovi potenziali geni implicati nei meccanismi biologici alla base della malattia. Il lavoro, pubblicato su Nature Genetics, e’ il piu’ grande studio genetico ad oggi realizzato, grazie al contributo di piu’ di 300 gruppi di ricerca sia europei che americani, riuniti e coordinati in un unico grande consorzio multinazionale, che hanno studiato il DNA di piu’ di 94mila soggetti. Si e’ svolto presso l’Unita’ Malattie Neurodegenerative della Fondazione Ca’ Granda IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, che ha garantito l’accuratezza diagnostica dei pazienti inseriti nello studio, grazie all’impiego delle procedure diagnostiche piu’ avanzate che consentono ad oggi una diagnosi a livello molecolare della malattia. La malattia di Alzheimer rappresenta la causa piu’ comune di demenza nella popolazione con piu’ di 65 anni, e’ una patologia degenerativa del sistema nervoso centrale che porta a un declino cognitivo sempre piu’ grave e che dipende sia da fattori genetici che ambientali.

La ricerca ha confermato il ruolo di diversi geni identificati gia’ in precedenza come fattori di rischio per l’insorgenza della malattia (come quelli legati al metabolismo dei lipidi, della proteina beta amiloide e della proteina Tau), ma sono stati anche identificati nuovi geni candidati, fortemente associati all’infiammazione e all’immunita’. “I risultati che abbiamo ottenuto sottolineano come l’immunita’ di base, se alterata, abbia importanti ripercussioni sull’insorgere della malattia”, spiega Daniela Galimberti, ricercatore del Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche ed Odontoiatriche, del Centro Dino Ferrari dell’Universita’ Statale di Milano. “I risultati genetici oggi pubblicati confermano che i meccanismi causali della malattia di Alzheimer hanno una significativa componente immunologica, con importanti implicazioni per le future strategie terapeutiche”, commenta Elio Scarpini, docente del Dipartimento di Fisiopatologia e Trapianti dell’ateneo milanese.

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